martedì 26 febbraio 2008

Perchè Sanremo è Sanremo (purtroppo)

Non c'è limite al cattivo gusto. Ieri è iniziato il Festival di Sanremo, l'evento nazional-popolare italiano (o italiota) per eccellenza. Scenografie spettacolari, luci inebrianti e l'intensa voce di Gianni Morandi aprono con pomposità la serata. Ed ecco Pierino Chiambretti, vero mattatore di questa kermesse 2008, che, con la sua tipica verve, ironizza col padre-padrone-direttore artistico- Pippo Baudo sulla fin troppo oppressiva par condicio all'italiana, invadente anche in un programma tutt'altro che politico : "Sii clemente, non fare casini!" (appunto!). E poi le canzoni, che fanno quasi da contorno alla serata (pensate un pò): si passa da quelle mielose della Tatangelo a quelle "rap lamento" di Frankie Hi-Nrg (un pezzo dal testo molto interessante che susciterà non poche polemiche, trovandoci in periodo elettorale); dalle melodie sanremesi-doc di Toto Cutugno a quelle suadenti del Sud troppo poco festivaliere di Eugenio Bennato (bravissimo).

Ma la serata in sè mi interessa ben poco. Il punto su cui voglio riflettere è un altro: l'odiosa litania sugli ascolti. Proprio durante la messa in onda del Festival, i telegiornali hanno dato la notizia del probabile ritrovamento dei cadaveri dei due bambini di Gravina in Puglia, misteriosamente scomparsi nell'estate del 2006. L'impatto mediatico su questo avvenimento ha ovviamente catalizzato l'attenzione degli spettatori. Oggi, tutti gli addetti ai lavori hanno parlato chiaramente di un flop: pochi i 9,5 milioni di spettatori di media, il record negativo nella storia della manifestazione da quando esiste l'Auditel.

Dopodichè, Baudo ma soprattutto il direttore di RaiUno, Fabrizio Del Noce, hanno "tentato" di giustificare il fallimento della prima serata. Il presentatore è stato diplomatico, forse troppo: "Abbiamo fatto un buon lavoro, ma la gente pensa ad altre cose...". Aggiunge Del Noce, giustificandosi: "La tragedia di Gravina ha pesato non poco sugli ascolti del Festival". In un Paese civile, una dichiarazione del genere avrebbe scatenato infinite polemiche. In Italia, invece, è tutto normale. Sono morti due bambini, una tragedia immane, un evento sconvolgente, e, guarda un pò, pensiamo a come salvare gli ascolti del Festival di Sanremo? Sarà un caso, una strana coincidenza, ma soltanto in Italia succede una cosa del genere. E non importa se il flop di Sanremo può provocare perdite pubblicitarie (quindi soldi, tanti soldi). Un Paese civile avrebbe addirittura sospeso il Festival. Ma noi no, attaccati al Dio Denaro, alla visibilità e al potere come le uniche ancore di salvataggio in un società malata. Non c'è davvero limite al cattivo gusto.

lunedì 25 febbraio 2008

La "new politic" di Veltroni: si può fare?


Cambiamento. E’ la parola all’ordine del giorno della politica italiana e di un Paese ormai prossimo alle elezioni. Nuovi partiti, nuove idee (pare…), nuovi programmi. Walter Veltroni, il leader del Partito Democratico, ha condotto la “svolta” soltanto qualche settimana fa: “Il PD, alle elezioni di aprile, correrà da solo”. Queste semplici parole, questa frase così breve, ma al tempo stesso così ricca di significati, ha smosso le acque del mondo politico. “Cambiamento… L’Italia deve tornare a correre…Basta a coalizioni eterogenee…Salari più alti…Pensioni più dignitose”, Veltroni è un fiume in piena. Il suo inizio di campagna elettorale ha stupito tutti: prima, lo sfondo settecentesco di Spello, poi il pullman ecologico col quale girerà l’Italia, ancora gli slogan “made in Usa” stile Obama, infine le scelte ferree sulle candidature. Un vero e proprio rinnovamento, condito da un programma di governo innovativo e moderno. Straordinario, direbbe chiunque.

Le candidature, appunto. Il primo segnale forte del Walter nazionale arriva con l’esclusione dalle liste di Ciriaco De Mita, l’ex plenipotenziario della DC anni Ottanta, dopo 44 anni di vita e privilegi parlamentari. “Si può fare politica anche fuori dalle istituzioni…” aveva sentenziato Veltroni senza fare nomi, ma indicando implicitamente De Mita. Le reazioni non mancano. Furiosa è quella dello stesso De Mita, che abbandona il PD (ma guardà un po’…) etichettandolo come un “partito senza idee e senza identità”: cosa si fa per un posto eterno in Parlamento…
Ecco, finalmente, il ricambio generazionale. quello che tutti volevamo, quello che tutti auspicavamo, si sta forse realizzando. Non basta, però. Ci vuole una sterzata forte anche per questa politica sempre più lontana dai cittadini e dai problemi reali. Una politica in grado di dare risposte alle grandi sfide, nazionali ed internazionali. Torno sulle candidature: non basta presentare un Colaninno per acciuffare i voti dell’imprenditoria. Non basta mettere in lista un sopravvissuto della Thyssen soltanto per addolcire il mondo operaio. No, queste sono soltanto operazioni di facciata. E in questo senso, voglio rivolgere, dal mio piccolo orticello di elettore qualunque, un accorato appello a Veltroni: basta con le chiacchiere e le promesse da campagna elettorale, lavoriamo per un’Italia nuova. Dia più spazio a noi giovani, a noi studenti, dia la parola a quelli che non possono o non riescono ad esprimere le loro idee. Solo così, veramente, “si può fare”.
“Via i parrucconi della politica”, lo ha sottolineato persino il Cavaliere: che sia la volta buona!